BK EVOLUTION: Richiedi il loro CD Jablen-The apple tree

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venerdì 26 novembre 2010

Identità e tutela per la valle? Macchè! Frottole e mortificazione

Sabato 20 novembre a Ter, nell’osteria “Ai Musi” è stato presentato il libro “Lontano già si tinge di viola la chiostra dei Musi” di Paolo Pellarini con la collaborazione dall’”Associazione Identità e Tutela Val Resia”. Ha introdotto Paolo Garofano, presidente dell’Associazione “Incroci culturali” il cui obiettivo è quello di far conoscere cultura, territorio, usi e costumi del Friuli. Lucia Ciani, moglie del Pellarini ha presentato il primo ospite, il “professor” Gilberto Barbarino, membro dell’Associazione “Identità e Tutela Val resia”. “No, non sono professore – ha corretto Barbarino – sono un pensionato cui piace leggere tanti libri”. Rivolgendosi ai torriani (tra i sorrisi delle quattro signore di Ter presenti: tale je liepa, smo torriani!) il Barbarino ha esposto il risultato dei suoi “approfonditi” studi: il resiano non è come dicono gli studiosi ai più alti livelli accademici un dialetto sloveno, ma è protoslavo. Alcuni studiosi alle prime armi, ha sostenuto Barbarino, cercano di dimostrare la slovenità del dialetto resiano appigliandosi al fatto che sia nello sloveno che nel resiano c’è il duale. Invece, corregge gli studiosi Barbarino, il duale l’hanno importato Cirillo e Metodio dal greco antico: gli è piaciuto così tanto che l’hanno introdotto in tutte le lingue slave e, perciò, anche nello stesso resiano! Il Barbarino ha poi fatto un tentativo di parlare di storia ma, preso atto del garbuglio espositivo e dell’incertezza nozionale del “relatore”, lo stesso ing. Pellarini gli ha chiesto cortesemente di fermarsi. La curiosità conquistava i presenti. Cosa raccoglie il libro “Lontano già si tinge di viola la chiostra dei Musi”? Magari è una ricerca sulla cultura della Terska dolina, magari coglie le testimonianze della sua gente, magari descrive i suoi usi e costumi. “Questo è un libro che parla di Tarcento – ha chiarito subito l’autore – c’è solo qualche accenno alla vostra Valle. Però se lo volete comprare, è comunque interessante”. Quindi l’ingegnere ha tirato fuori un paio di fogli e cominciato a leggere un elenco dei problemi della Valle: spopolamento, economia povera, poco turismo. Che fare per risolverli? L’ingegnere non lo ha detto. Però, ha fatto una proposta concreta per rilanciare il turismo nella Valle: “Questo è il luogo più piovoso d’Italia. Potete sfruttare a vostro favore anche questo elemento: costruite in piazza una fontana con la statua di Zeus col fulmine, così tutti verranno a fotografarla!”.

L’ingegnere ha lasciato per ultimo l’argomento della lingua. In particolare, ha sostenuto che il “torriano” non è un dialetto sloveno perché la lingua slovena è diversa. Secondo il Pellarini, il “torriano” non è altro che un idioma senza scrittura né grammatica di matrice protoslava. “Perciò – ha spiegato il relatore - noi non proponiamo di insegnarla a scuola”.

Al termine del suo intervento l’ingegnere ha invitato i presenti a mangiare l’ocikana, storpiando la pronuncia della parola. Lo hanno subito corretto. “Si, si, scusate! – si è giustificato l’ingegnere di San Daniele del Friuli – Non so come si pronuncia, non conosco questa lingua!”.

E’ la solita farsa: “visitors” infettati di nazionalismo cercano di mortificarci raccontando la frottola che la nostra è una parlata orfana, misera che non merita di essere insegnata a scuola. Ma nessuno è più disposto a credere a queste balle. Abbiamo ben chiaro il concetto che il nostro dialetto non è orfano, ma appartiene alla grande e variegata famiglia dei dialetti sloveni. Siamo diventati coscienti che il nostro dialetto sloveno è una ricchezza che ci identifica e che ci rende speciali. Anche per questo, la legge lo protegge stabilendo che possa essere insegnato a scuola, scritto sui cartelli stradali e sugli atti, parlato all’interno delle istituzioni come l’italiano. Il vecchio mortificante “copione” recitato dai visitors per troppo tempo ci ha relegati al ruolo di “figuranti” delle nostre sorti. La trama è cambiata: da quando abbiamo preso coscienza del valore della nostra comunità, della nostra parlata, della nostra cultura i protagonisti siamo tornati ad essere noi.

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