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mercoledì 9 giugno 2010

Ci fu proibito di parlare

«Vorrei scrivere al presidente della Camera, Gianfranco Fini, e dirgli che l’Italia è una grande nazione, ma lo sarebbe ancora di piú se fosse capace di riconoscere tutto ciò che di male ha fatto negli anni e lo raccontasse alle nuove generazioni. La Germania, a esempio, ha ammesso tutti i terribili errori compiuti nel recente passato». È l’auspicio espresso ieri da Boris Pahor, lo scrittore di radici slovene che venerdí sarà insignito del premio Hemingway-Sparkasse.
«Fini - ha osservato Pahor - ha saputo chiedere scusa al popolo ebraico, ma non l’ha saputo fare con il popolo sloveno e croato, a esempio. Quello che abbiamo subito dall’Italia è stato oltremodo umiliante. Noi sloveni siamo stati definiti come “cimici” dai giornali italiani dell’epoca in quanto considerati una minoranza pronta all’invasione di Trieste, non sapendo che eravamo insediati e integrati in città da almeno dodici secoli. Abbiamo subito una forte repressione, soprattutto psicologica».
Una pressione che Pahor ricorda cosí: «Ci fu tolta completamente l’identità. Ci fu proibito di parlare lo sloveno, furono bruciati tutti i libri e le pubblicazioni in lingua. Nelle scuole ricordo di un episodio di una ragazza cui fu sputato in bocca solo per aver detto una parola in sloveno. Abbiamo dovuto rifarci una vita, metterci nelle condizioni di diventare italiani dimenticando il nostro passato e la nostra cultura. Una pulizia del tutto unica, speciale, furono anche cambiati tutti i nomi e i cognomi. Ricordo che avevo solo sette anni quando vidi bruciare il Nàarodni Dom di Trieste, il principale centro culturale sloveno dell’epoca». Quanti ai tempi attuali «ai giovani di oggi suggerisco di crearsi una formazione culturale personale, andando oltre l’informazione dei mass media e l’istruzione scolastica. È necessario conoscere il mondo, i popoli, la loro storia per capire come vivere in pace nel rispetto del prossimo. E, sul tema del fascismo, chiedo uno sforzo di documentarsi per non lasciar morire la memoria storica della nostra società. Oggi molti studenti vengono in pellegrinaggio alle foibe con un forte sentimento anti-slavo, un grave errore storico che lo stesso presidente della Repubblica Napolitano ha amplificato utilizzando l’aberrante e pericolosa parola “sanguinari slavi”». Quanto al progetto di Euroregione, Pahor sostiene che «se si punta tutto sull’economia poco si avrà di questa Europa che rimarrà un’utopia. Per realizzare il sogno di una vera Europa unita bisogna compiere uno sforzo comune e condiviso per facilitare lo scambio culturale e l’incontro con popolazioni diverse dalla nostra. Il tutto mantenendo sempre l’identità della propria nazione e del proprio passato. Ricordo con piacere, a tale proposito, le parole del presidente francese Chirac di qualche anno fa quando disse che “domani realizzeremo una grande Europa e allo stesso tempo saremo tutti più spagnoli, più italiani, più tedeschi di quello che siamo oggi".

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