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venerdì 12 febbraio 2010

BENECIA, Risveglio nazionale


Udine, Messaggero Veneto, 11.02.2010, pag. 18

Il 6 gennaio, giorno dell’Epifania, si è tenuta a Cividale (in sloveno, Čedad) la Festa annuale dell’emigrante sloveno della provincia di Udine. Il teatro Ristori, che ha ospitato la manifestazione, era piena e il pubblico presente, composto in gran parte da sloveni della cosiddetta Slavia friulana o Benecia (in italiano, Venezia), si è confortato della presenza, fra le autorità, di un grande della letteratura slovena e, sembra, anche mondiale: lo scrittore Boris Pahor, triestino, amico fraterno degli sloveni udinesi e anche dei friulani.Pahor è intervenuto a sostegno dell’insegnamento nei comuni beneciani della lingua slovena, da considerarsi la lingua letteraria anche dei dialetti slavi parlati in provincia di Udine. Su questo tema, Pahor parla da addetto ai lavori e non da ideologo. Non sono da dimenticare, sempre in provincia di Udine, gli sloveni della Valcanale, per i quali la tutela è quasi inesistente, per cui rischiano veramente l’estinzione. La questione linguistica riguardante i beneciani sarebbe subito risolta se tutti loro o quasi la pensassero come il professor Pahor o il signor Igor Cerno di Lusevera, che lo ha preceduto sul palcoscenico con una mordace confutazione di coloro che, scusatemi la metafora, sostengono un muro di carta anziché uno di ferro. Del resto ci sono purtroppo anche friulani che, dichiarando di non essere ladini, rifiutano la loro nazionalità. Comunque, il risveglio nazionale dei beneciani non si può più deviare né soffocare né persuadere a riprendere la trascorsa età del gregariato e del mimetismo. Chiunque abbia partecipato al recente “Dan emigranta” penso se ne sia reso ampiamente conto. Ora che gli austro-sloveni, un tempo indifferenti se non proprio nemici, hanno gettato un ponte di fratellanza, sarebbe folle che i “veneziani” non lo attraversassero in omaggio ai secoli di beneaccetto dominio italiano.

Bruno Tassotti-Tarvisio

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